Mhttk' blog

domenica, giugno 27, 2004

Riflessioni - Londra, prima notte

Un venerdì caldo quello. Continuavo a suonare la ticchettante sinfonia del mio lavoro sulla tastiera del mio laptop. Il telefonino blinkava telefonate in arrivo, l'altro era silente e immobile sulla sua frequenza di ricezione.
Il lungo corridoio era nel fermento del venerdì pomeriggio prima del grande weekend.

Nel portafoglio tenevo il numero di volo del mio low-cost ticket. Guardo l'ora. Mi rimetto la giacca, una sistemata alla camicia ed esco sbattendo i tacchi sul pavimento, dritto sulla schiena ancheggiando come fanno i marinai con la sacca a tracolla.

Chiave nel quadro della macchina e una scheggia nera attraversa la città di Roma, verso il mio venerdì. A casa, il tempo di preparare la borsa per la partenza.

Il cielo era dell'azzurro sfumato delle estati afose, ed io ero sulle ultime curve prima di arrivare a casa. Ciao Emma, io vado a Londra.

E' così che uscendo vado all'aereoporto, volo delle 20.15.
Prendo posto in fondo all'aereoplano, lato finestrino. E l'aereo decolla per il nord.

Il cielo sopra l'Europa è limpido e chiaro, non c'è nulla fino alla manica, non nubi, non venti, neppure turbolenze. Ogni tanto incrociavamo le scie degli altri aereoplani che disegnavano linee di piccole nuvole come segni bianchi su un foglio blu. E' facile perdersi nei pensieri guardando fuori dal finestrino. Così, mentre la bella signora accanto a me cullava la bimba e ne portava un'altra nella pancia le nubi cominciano il loro appuntamento all'orizzonte sfumando il cielo del rosso tramonto.

A mezzanotte, tra bagagli, pullman e telefonate sono alla stazione di Finchley Road, aspettando Carlo. Ho fame ed un vento fresco mi costringe ad abbottonare la giacca. Ancora una decina di minuti, forse un quarto d'ora.

Ciao Carlo, come stai?

lunedì, giugno 21, 2004

Londra, Nord di Notthing Hill

Insomma, ricordarsi che uno e' italiano non e' una cosa difficile. Sara' Emanuele che se ne sta al telefono parlando in italiano al cellulare, sara' il fatto che quando si sentono parole in giro sono le prime che si riconoscono. Sara' la birra.

What's on tonight? We will see.

giovedì, giugno 17, 2004

Lama

L'avevano detto allo zoo di non avvicinarsi troppo alla bestia.

Sputa.

martedì, giugno 15, 2004

Oggi è martedì.

Me ne accorgo adesso.

Quando arriva Domenica?

Insomma quando arriva? E' una tragedia questa situazione.
Settimane lunghissime, serate noiose e soldi che escono a palate dalle tasche.

Sarebbe il minimo se non fosse che l'altro giorno mentre ero in banca un povero giovinotto rintontito dal nodo Tecnocasa alla cravatta ci ha messo un venti minuti per cambiarmi un pugno di sterline.

Gli ho pure detto che non solo andavo di fretta ma anche che se ci avesse messo ancora tanto avremmo avuto oscillazioni consistenti sulle quotazioni della sterlina inglese per l'apertura dei mercati americani. Infatti le quotazioni hanno oscillato, il mio sorriso si era trasformato in un grigno e ci sono voluti gli occhi azzurri della sua bionda collega a ricordarmi la creanza.

Volevo andare al mare, e invece no. Ho votato. E direi come direbbero tutti gli imbecilli che dicono questa frase: ho votato bene. Infatti ho vinto. Ma hanno vinto tutti. Tranne qualche folle che ha stravinto, qualche incapace alle più elementari operazioni algebriche che ha avuto un grande successo, qualcuno che (incredibile!) s'é preso responsabilità e qualcuno che è rimasto deluso.

Comunque sia non si riesce ad andare al mare e rimarrebbe assurdo se mi trovassi sabato mattina a Brighton in costume. Ancora un poco, cavolo, ancora un poco e poi parto per qualche giorno.

Già.

Ho deciso di cambiare dizionario. Sono in vena di sostituire Jet-set o Jet Society con Tycoon.

E per quella strada io, venerdì, vado verso Londra.
Dico sul serio? No, non l'ho mai fatto.

E così ho guadagnato la distinzione tra quelli che sono scettici e quelli che sono con me.





sabato, giugno 05, 2004

Un giorno.

La mattina comincia alle sette e quaranta.
Mi tuffo da subito in quel torrente di eventi che sarà il Venerdì. Con il trillo delle sveglie che solfeggiano nella testa giusto per nuotare in quello che è il triangolo del risveglio. Letto, doccia, caffè.

Il traffico orgoglioso della capitale è umiliato da una assenza di idoti anomala.
All'aereoporto cinque carabinieri neri neri fermavano con la paletta tutte le macchine, belle, brutte o fiat. Senza pregiudizio o preferenze garantivano un accesso lento e sicuro per l'avioporto.

Sciami di elicotteri sorvolavano la città, volanti della polizia scorazzavano libere per la via Appia, il raccordo aveva solo una trentina di chilometri di fila per carreggiata ed io viaggiavo verso l'Acquedotto Claudio ad una velocità che farò fatica a ripetere un'altra volta ancora la mattina.

L'ultimo sforzo era nel violentare lo scanner magnetico per entrare in ufficiopoli con la mia carta di debito lavorativo. Ho smesso di sorridere alla rustica fanciulla della reception per colpa di quel badge, quando la gara la mattina era tra che dei due era meglio rintontito di sonno. Ora entro diretto: zac!, beep! s'apre la cupola ed entro. beep! transazione per la transizione umana compiuta...

I cristalli liquidi della barriera segnano l'ora, il bar è affollato di persone ed io che la mattina mi sento affollato anche quando sono solo, silente con lo sguardo perduto ancora nei sogni, riesco a prendere il mio turno per la colazione.

Il resto della mattinata è stato un difendersi dagli attacchi della forza di gravità che esercitava con una energia mostrusa il suo potere sulle mie palpebre. Alla riunione sono andato con il mio quaderno giallo, come lo scolaretto che segue il padre (altresì noto come titolare), ed il fratello grande (al secolo, boss). Ho detto le mie solite scemenze ed ho ascoltato le scemenze solite degli altri. Poi ho continuato il mio lavoro con l'ispirazione di chi, quel venerdì, usciva all'una.

Io metterei un piano a coda nella stanza dove siamo a lavorare. Con un tipo in frac che suoni quei tasti d'avorio bianco. Un cameriere in guanti bianchi che passi coi vassoi d'argento ricchi di cocktail di frutta. Metterei anche dei tendaggi diversi, tutto sommato. Ah, ne avrei di cose da fare.

Ma ci muoviamo ormai in un mondo in cui la gente per comodità s'è messa la testa dentro una gabbia per gli uccellini e se la porta appresso convinta di poter chiamare libertà quel cestino di sceme convinzioni che sventola ogni volta che s'aggrega al coro dei cretini. Cazzi loro, all'una, oggi esco.