Mhttk' blog

domenica, ottobre 05, 2003

..:: Sardegna. Tre uomini. E un'altra::..

Esistono. E non sembrerebbe nemmeno di buon gusto parlarne.

Pero' ci sono e li ho visti. Tre uomini, di cui uno insisteva nello specchio la mattina ad abbaiarmi una litania stanca e confusa. Qualcosa che suonasse come suona la sveglia. Di vergini, invece, ce ne sono tante e non par male parlarne perche', sembrerebbe, soffrono di solitudine e in fondo questa e' pur sempre una sobria forma di compagnia.

Sardegna, dicevo. Una settimana da domenica a domenica in compagnia di amici, conoscenti, sconosciuti e riscovati. Tutto comunque all'insegna del soffice e bonario senso di compagnia che solo d'estate si puo' provare standosene praticamente ignudi assieme agli altri.

L'ospitalita' in casa Birgus e' sempre di prima qualita', quasi ossessiva perch� ogni necessit� � soddisfatta dalla grazia dell'ospite e la privata esistenza garantita dall'etichetta seguita per indole e non per coraggio.

Sia. Entriamo di domenica mattina in casa. Birgus non aveva la faccia gonfia di sonno ma certo non si doveva esser segliato da molto visto l'ingordigia con cui succhiava il caff� dalla tazzina. Per star sveglio, diceva.
Ci sistemiamo sui due letti disposti sghembi nella puerile disposizione a castello, l'uno sopra all'altro. Io sopra, lei sotto.

Lei e' Antonella, gi� incontrata all'inizio dell'anno e di nuovo ora la vedo per la prima volta, condividendo con lei la stanza. Sfortunatamente non russa, non parla nel sonno e non si sveglia durante la notte cos� tutte queste colpe me le sono accollate io solamente per l'intera settimana.

Aprendo la porta immediatamente sulla sinistra avevamo il sir Birgus, poi ribattezzato capitan (ma io ho cominciato a pensarlo come "sir" da qualche po'), che dormiva solo su un materasso il doppio dei nostri. Di fronte, dritto per dritto il pianerottolo a cui si affacciava la finestra per il cortile, a cui arrivavano le scale dell'ingresso e da cui partivano le scale per la lavanderia e per la stanza degli ospiti "arrivati per ultimi". Ancora un piccolo corridoio aveva affacciate tra loro due porte per altrettanti bagni e una porta per un'altra stanza con ulteriori due letti. L� abitavano Michele ed il suo telefonino..

Ma l'agor� non era in quel punto bensi' al piano superiore. La "living room" era un doppio salotto ed un terrazzo con la privilegiata vista sulla chiesetta di Stintino. Le campane che suonavano giorno e notte ad intervalli regolari di quindici minuti, invece, si potevano sentire chiare e distinte anche ai piani inferiori.

Ma veniamoci incontro un attimo. Non abbiamo passato che le ore del sonno, dell'appetito serale e del caff� mattiniero dentro casa. La giornata si svolgeva essenzialmente in barca e le serate in uno dei locali sulla spiaggia che senza grosse pretese animavano la giovent� vacanziera.

..:: Passare il tempo come naufraghi ::..

Guarda un po' che ti riincontro da quelle parti: Angelo, con una barca nuova, con la sorella Annalia ed il fratellino, Manlio, cresciuto quasi a forme adulte, almeno dall'ultima memoria che trattenevo appena arrivato. Angelo non esagera a parole e non si dilunga in stupidaggini: prende il sole col naso bianco di crema e dorme al riparo di un ombrellino aperto all'uopo. Quando nuota non spruzza e non schizza come noialtri nuotatori della domenica. Tradimento dei tre fratelli, per�, e' l'accento che li accomuna gentilmente alla popolazione sarda e che li rende, non immeritatamente agli occhi di tutti, esperti del luogo. Neo della stirpe, il cugino.

Bisognerebbe aprire un capitolo a parte su Andrea. Ma sarei incapace di trattenere anche il pi� benevolente dei lettori altrettanto bene quanto Andrea sa fare con le persone che lo circondano. Battuta pronta, spirito rubato alla filmografia di Cinecitt� e condito di sapiente ironia. Accento romano non marcato ma evidente e abbronzatura da bagnino della riviera romagnola ammesso che lui, in Romagna, ci sia mai stato. Non brilla certo di spirito di iniziativa nei confronti delle attivit� faticose ma non manca negli esercizi di pazienza a sopportare se stesso disteso sul materassino per ore alla deriva o a galleggiare a cavalcioni di una palla. La palla di Winnie The Pou.

Tra gli altri incontri sulle barche ritroviamo Laura con una barchetta pi� piccola delle altre e che portava seco Anna e qualche altra persona di cui non ho il piacere di ricordare il nome visto che non siamo mai stati presentati.

Anna e Laura erano il profilo intellettuale della truppa e se da un lato il brioso libro di Banana Hishimoto non concedeva a Laura alcuna ispirazione per voltare le pagine rapidamente posso sicuramente dire che Anna invece era fonte di forte curiosit� da parte mia mentre leggeva il suo, di libro.
Anna � senza ombra di dubbio una bella ragazza bionda, magra e di poche parole e debbo esserle risultato anche di imbarazzante invadenza nel momento in cui, conosciuta da poco, l'ho ritratta in una istantanea mentre leggeva. Profondamente assolta nel compito di leggere stava seduta composta sulla barca, baciata dai raggi di sole nelle ore immediate prima del tramonto coi capelli ancora bagnati. Forse non leggeva nemmeno, ma guardava il libro con l'occhio di chi i libri li sa leggere sul serio. Click. E ho quest'immagine nel mio piccolo album.

Laura freme in barca, deve fa' quarcosa. Cos� si butta in acqua e ispirata dal galleggiare di Andrea si prodiga in infastidimenti giocosi accompagnata, sovente, da Camilla.

Se fosse un film la parte di Camilla sarebbe senza ombra di dubbio quella della "donna che vive". Parca di vezzi nel rispondere alle altrui battute � diretta e schietta, ride di gusto e mostra costantemente i sui Swarowsky che navigano sul suo corpo come fanno i paguri sugli scogli. Lenti, disordinati e senza alcuna meta. Oltre a luccicare al sole Camilla disserta, spiega e ride. Si accomuna ad Andrea nelle traversate delle baie a bordo del materassino dal cuscino bucato e batte le gambe senza pausa fino a che di ritorno sulla barca tutti riescono a notare come gli sforzi si siano prodotti in una sistemazione involontaria del costume e come questa sistemazione sia stata profiqua per la messa in mostra del tatuaggio che copre una delle due chiappe. Le chiappe, pel volgo. Natiche, per i puristi della lingua.

Su Camilla non mi sono mai soffermato pi� di tanto perch� temevo che presto o tardi avrei ricevuto indietro ciascuna battuta come si ricevono indietro cento boomerang lanciati nel buio. Se non proprio in fronte, comunque addosso.
Precauzioni, non necessit�.

Ancora passavano le ore in barca e svegliandomi dal pisolino pomeridiano potevo vedere Manlio camminare scalzo sugli scogli neri e aguzzi vicino alla riva. Non mi chiedevo come fosse riuscito ad arrivarci tanto quanto mi domandassi come ne sarebbe uscito. La sorpresa � Andrea, il fratello di Laura che si alza e comincia la guerra lasciata in sospeso il giorno prima.

Gavettoni.

E la situazione si fa burrascosa in poco tempo. Secchi, buste, bottiglie, ghiaccio e ghiacciaie. Stracci e corde per tirare pi� acqua possibile. Non ci sono squadre e non ci sono regole. Tre barche e una dozzina di idioti. Questa era la scena che potevano ammirare i cabinati attorno a noi. Fanculo, anche Angelo partecipa. Noi ci stavamo divertendo. E questo era quanto bastava per continuare a farlo. Nelle memorie e negli annali si scriver� anche dell'increscioso episodio del gommone in "touch and go" che arrivato col prodiere sorridente se n� andato con imprecazioni e anatemi.
Per� il gavettone era riuscito egregiamente.

La catarsi dei tre equipaggi era all'ora del pasto che cadeva imprecisata tra mezzod� e le sei di sera, a seconda degli avvenimenti. Piatto privilegiato era il panino e le borse termiche erano sorgenti di acqua fresca, birra, vino e una volta persino di caff�. I pasti si consumavano scomodamente accampati sulla barca di Birgus e invidiatamente seduti attorno al tavolino nella barca di Angelo. Gli ingredienti erano i soliti. Pane, prosciutto, formaggio. Frutta. Ma la costante senza fine era la peretta. La peretta sarda era nelle nostre barche quello che l'hamburgher era in Pulp Fiction: la base di ogni sana colazione sarda. Di ogni sano spuntino. Di ogni sano pranzo e di ogni sana cena. Fortunatamente il cornetto delle quattro del mattino non era menzionato nei precetti dell'alimentazione indigena. Infine, sempre per i pasti, c'era la salsiccia sarda. Roma e Napoli insistevano nel conferire alla salsiccia l'immagine della molle carne ancora da cucinare mentre per salame il generico insaccato stagionato col pepe. La salsiccia sarda era, per me e per Antonella, in realt�, un salame. Per gli altri invece era solo una salsiccia sarda.
Sar�. Ma non mi hanno mai convinto. Forse Antonella si � convertita, ma io, nel tempo, non ho cambiato ancora idea. Michele secondo me ha semplicemente assunto l'accezione della maggioranza. Eh, s�, perch� Michele non era uno che decideva, semmai uno che si aggregava e la questione della salsiccia-salame non era una questione di suo riguardo. Il gruppo s'era espresso.

..:: Soir� ::..

Eravamo tutti quanti colonizzati dai brividi della giovent� cos�, la sera, non mancavamo di raccoglierci al Lu Fanali come banchi di pesci tropicali. Vestiti coi colori della sera, arancioni per il sole del giorno sedevamo in gruppi disordinati sul dirimpetto di fronte al porto. Eevidentemente questo � l'anno del Mojito e al lu Fanali, come nel novanta per cento dei bar che ho frequentato altrove, sono restii a farlo bene, cos�, io, quasi solo nella scelta, preferivo birra ai super alcolici ed ai soft, long, easy drinks che mai uguali venivano serviti lenti e meccanici dal bancone.

In sardegna, o forse solo a Stintino, l'industria alberghiera annovera i pi� disordinati e inconcludenti tra i baristi del regno. In tre o in quattro dietro al bancone generalmente sono in grado di servire un solo caff� nell'arco di cinque minuti non prima d'aver urlato e grugnito gli uni contro gli altri le sarde parole del "qui faccio tutto io". Ma noi, come tutti in fondo, pazientavamo e le alcoliche ricompense seguitavano le une appresso alle altre fino a che, intrepidi, ragionavamo sul da farsi. Dopo. Dopo il Lu Fanali.

Andrea, dimentico della ragione, continuava un tormentato lavorio appresso ad una delle pi� improbabili femmine dell'isola. Lavorio che, per inciso, andava avanti da diverso tempo e seguitava appresso ad un inseguimento gi� intrapreso nelle latitudini della capitale mesi e mesi addietro. Entrambi eravamo abbastanza divertiti da Michele che incurante persino di se stesso procedeva nella disperata e insperabile conquista d'un cuore che arido gli regalava solo facili sorrisi. Di mio, tanto per rassegnarmi ad uno dei gironi del purgatorio, anch'io davo mostra di me nelle faticose sere d'agosto alla ricerca se non d'un punto sulla compagna di viaggio, almeno sulla situazione che era resa fastidiosa dalle soventi capocciate che capitavano con Michele quando, in un marciapiede scomodo gi� per una coppia, disperatamente si incuneava tra me ed Antonella forzando almeno uno dei due a cambiare compagno di conversazione. Io, appunto, ero l'uno dei due e mi trovavo sfrattato dalle oziose considerazioni sui gossip degli ultimi dieci anni, scambiati tra me ed Antonella sulle conoscenze romane in comune.


Angelo usciva la sera come s'esce d'ufficio. Rideva serio e beveva di mestiere senza esagerare vincendo su tutti la gara d'eleganza. Gara vinta nei modi, � chiaro, anche perch� coi vestiti, questa � mia opinione, si pu� vincere solo una eventuale gara di shopping. Annalia, la sorella di Angelo, si mischiava nelle serate con la convinzione assoluta che questo non dovessero essere sciupate in lunghe attese al Lu Fanali. Lei era sempre la prima a proporre un altrove, con le sue graziose collane colorate e magari con un vestito da sera. Semplice ma grazioso, per i posti di mare.

Gli spostamenti erano accompagnati da una sostenuta approvazione di Laura, qualche sbuffo di Anna e da qualche ventata di rimmel che le ciglia di Camilla mandavano in direzione di Birgus. Andrea aspettava, Michele gongolava e Antonella rideva. Birgus sbuffava qualcosa, abbracciava una mezza dozzina di fanciulle, prendeva le chiavi e richiamava a se la ciurma.

Come papere ce ne andavamo in fila verso la macchina. Birgus in testa, poi Io o Antonella e quindi Michele. Michele, infatti, seguiva.

La scelta era sempre tra due locali. O l'isolotto o il gabbiano. Oppure entrambi. A seconda dell'ora della movida e, per Andrea soprattutto, a seconda delle circostanze. Se c'era lei andava bene, se non c'era lei andavamo via.

Nulla di particolare la sera. Michele s'� gustato un cielo stellato in solitudine, Antonella s'� intrattenuta con uno dei suoi amici partenopei ed io mi sono messo a guardare Laura, Birgus e Angelo che ballavano a piedi nudi tra piroette e saltelli sulla spiaggia del gabbiano. Andrea andava e tornava, andava e tornava. Poi andava e tornava. Stava coltivando una relazione altalenante e fortuna nostra quando tornava aveva un cocktail e quando andava lo lasciava mezzo pieno a noi altri. Spesso ci si perdeva Annalia mentre Anna doveva avere un giro tutto suo che me la ricordo poco, di sera. Camilla ballava ed io anche mi muovevo in qualche modo spacciando agli altri quella ridicola ginnastica per una forma di ballo. Andrea poi teneva il morale alto prendendo tutti per il culo a cominciare da se stesso. La cosa drammatica � che noi ridevamo e lui raccontava la verit�.

Sul mare non c'erano campane a rintoccare la fine della notte e non c'era orologio che ci tenesse per i polsi come le manette delle devozioni lavorative. Nulla avrebbe fermato la notte e continuare stanchi, sorridenti, malinconici o spensierati era il motivo che suonava nelle nostre membra ancor pi� delle musiche ripetitive del locale.

Le quattro. Le quattro del mattino si sposavano col silenzio. I cursori dei mixer tornavano nella posizione pi� bassa e i neon bianchi si accendevano irritanti nei locali. Il mormorio possente dei presenti marciava ora verso le macchine. E' finita. Si torna a casa. I gruppi si ricompattavano come fila di un esercito alla fine del riposo e la decisione attendeva d'esser pronunciata. Spesso, non sempre, gli stomaci riuscivano ad avere la meglio sul buon senso e la migrazione verso una sorta di cornettificio notturno diveniva se non gradita senz'altro necessaria. Buona notte, l'avremmo semmai pronunciato pi� tardi

.:: Notte fonda ::..

Abbandonata la jet-society tornavamo in quattro a casa. Per timore di consumare ulteriori energie non accendevamo certo la luce e, con gli occhi felini di chi vive di notte, salivamo, tutti, nella nostra agor� domestica. Aperte le persiane uscivamo nel balconcino trovando posto in quattro sulle due sdraio, sul lettino o sullo scalino di pietra che introduceva il rientro in casa dal balcone stesso.
Cos�, verso le quattro o le cinque, cominciavano i pi� sconclusionati discorsi che venivano dispensati per lo pi� a coppie tranne nei casi, non rari, che qualcuno disertasse la compagnia per ristorare se stesso in un affogato sonno fino al giorno dopo.

Se potessi discorrere sulla solitudine umana quello ne potrebbe essere un esempio. Generalmente ero troppo stanco per connettere un discorso fino ad esser raggiunto da altri e quelle che sembravano parole per parlare erano pensieri usciti dalla mente con il giusto proposito di lasciar silenzio tra i pensieri inquinando il silenzio circostante. Piuttosto che comunicare, io, facevo rumore. Michele di ritorno dai locali, cullava il suo motorola-starbrick nero e lo accendeva per ricevere ancora qualche SMS dal Veneto, Birgus manovrava le pale dei ventilatori giusto quel po' che bastava a vincere il caldo. Antonella spesso pi� stanca di me, Birgus e Michele assieme resisteva eroica ed eroicamente convinceva il suo casuale interlocutore che lei era ancora sveglia.

In effetti che Antonella fosse sveglia bisognava capirlo da subito, come c'era da capire che io e Michele dovevamo ancora svegliarci e che Birgus, tardi o presto che sar�, sarebbe tornato alla realt� molto prima di quanto non fosse in quel momento sua intenzione comprendere.

Credo che se c'� una cosa stupida � trattenersi dal dormire quando si � cos� stanchi e ancora pi� stupido � aspettare la stanchezza degli altri per dichiarare la propria. Per�, siccome era molto popolare rimanere svegli, un po' tutti per non perdere punti ci siamo trascinati fino alle sei, forse le sette del mattino in una veglia confusa.

I colori del mattino venivano annunciati da un violaceo cielo, dalle stelle che lentamente una appresso all'altra scomparivano e dai primi raggi di sole mandati in delegazione per annunciare l'arrivo del disco luminoso. Giorno. E i pensieri della notte scorrevano tra il mirto e tra le colline gialle attorno, perdendosi lontani e lasciando dietro di loro l'eco dolce di parole che non verranno forse mai pi� pronunciate.

L'estate � una di quelle strane stagioni che durano sempre troppo poco ma che ha il gentil pregio di sembrare, nell'istante in cui si vive, l'anteporta dell'eterno benessere. Perci� credo che tutti, nessuno escluso, si sia immedesimato cos� bene in quella invincibile atmosfera da crederla vera, eterna e sincera.

Buona notte. E' tardi.
Domani, il caff�, lo prepara il primo che si sveglia.


..:: Fal� ::..


Che facciamo? Ferragosto s'addentrava verso i cunicoli del presente e l'occasione propizia di suonare ancora l'inno dell'estate non era certo un appuntamento da perdere.
Io ormai avevo rinunciato alle mie letture, sebbene fossero di singolare interesse per me, avevo anche rinunciato alla verit� che troppo chiara agli occhi si proponeva per esser presa sul serio.
Cos�, in barca, chiusi il libro mi voltai verso gli altri e chiesi, ignorante, per quale motivo Ferragosto fosse una ricorrenza religiosa. Dalla dozzina di persone che eravamo uscirono almeno una ventina di spiegazioni, una ventina di supposizioni e quindi, alla fine, una dozzina di non so.

Non mi piace parlare di Religione perch� generalmente non esce fuori molto pi� delle comuni convinzioni. Ed io non trovo alcuno spunto per ammettere finalmente di essere un cretino qualunque che rinuncia al suo Dio per ignobile ignoranza.

Stava di fatto che il fal� alle saline prendeva forma tra le disposizioni degli organizatori. Anzitutto le perette sarde. Poi l'ora, chi fa la spesa, chi porta quello e chi porta questo. I teloni da mare servivano da tappeti, la ghiacciaia monumentale di Angelo diverr� pi� tardi un tavolino da campeggio. La sistemzaione oltre le casematte, appena dopo la laguna salmastra prosciugata a schiaffi di caldo, oltre alla fanghiglia si apriva la spiaggia di minuscoli sassolini bianchi. Il mare era caldo e all'ora del nostro arrivo il sole s'era nascosto da poco oltre l'orizzonte. Da un lato s'era ben disposta la centrale di Porto Torres e dall'altro si intravedevano i primi lampioni appoggiati sui dirupi, accesi con previdenza per i colori della notte. Senza affaticare troppo la vista c'erano, a qualche minuto di passeggiata da noi, altri stabilimenti e irregolari come lo sono le macchie di cespugli sulla duna c'erano altri fal�.
Il nostro era speciale. Andrea aveva rimediato legna a cubetti dal falegname di zona e Angelo sembrava un lupetto in procinto di metter su l'intero campeggio scout. Michele tagliava il salame, chiamando a s� gli interessati della salsiccia sarda. Il formaggio accompagnava in fette irregolari l'insaccato mentre prime tra tutte le birre aprono la pista degli abbeveraggi.

Nella sera nessuno aveva rinunciato a presentarsi: Anna, Annalia, Laura, Camilla, Antonella, Chantal (era questo il nome?) le donne che mostrano a noi altri il cambiare dei tempi. Indosso la macchina fotografica come si indossa una collana di coralli e cerco spunti per uno scatto. Vedo "oi androi", gli uomini, che s'affaccendano nelle domesticherie. Stesi, in ginocchio o seduti per terra i gruppetti si formavano a due a due o a tre, dispersi in un chiacchiericcio senza pretese.

Angelo alimentava il fuoco, Andrea assisteva nell'opera e Gavino intratteneva colle sue lezioni di vita. Nulla di serio. Nulla proprio. Mentre le faccende venivano sbrigate con sapienza militare, Birgus si innervosiva che tutto fosse a punto e girovagava saltellando tra le braccia di Camilla, abbracciando poi Antonella, sorridendo ad Annalia e ad Anna. Ammiccava a Laura e tornava dagli altri. C'� mancato che baciasse me ed Andrea quando questi � arrivato col suo telefonino attivo h24.


La luna si ergeva lenta e bella sul mare lasciando una sensazione di miracoloso in tutti. Tonda, grossa e rossastra sorgeva dalla sua stessa scia rapendo gli sguardi di ciascuno almeno per qualche secondo.

La gara di teloni la vincevano Angelo e Annalia con la loro pelle di due metri quadri. Pelosa, morbida e calda, stesa sulla sabbia appagava i suoi frequentatori con una sensazione di comodo che i volgarissimi teli da mare non erano in grado di offrire.

Mangiato come quelli che stanno di rientro da un digiuno quaresimale e bevuto con efficace abbondanza, ci spostiamo in un disordinato muoversi verso la musica. La musica proveniva dalla destra, cinque minuti, e saremmo arrivati. Un tappeto di persone ballava ai ritmi cocainomani del DJ che quella sera � riuscito a farci ascoltare l'opera omnia della disco anni '80 e '90 in meno di due ore. Stanchi e sorpresi, dopo un tentativo di integrazione nella serata avvertiamo la necessit� di tornare indietro, al fuoco.

Cos�, se da una parte non riuscivamo a trovare il coraggio di lasciare la sera a met�, dall'altro ci preparavamo agli avvenimenti di l� ad avvenire. Al nostro ritorno il fuoco era a malapena fumante e l'accampamento veniva ricostruito pel sol scopo di tuffarci in acqua.

Buio dappertutto e con una leggera brezzolina notturna, in un disordine concesso, i primi si tuffano. A seguirli tutti gli altri,invasi dal tantrico piacere di chi si sta per tuffare, di notte, nel mare. Vestiti per aria, la corsa, qualcuno urla. Un tuffo.

La serata muore attorno al fuoco. Stretti in un emiciclo eravamo gli uni accanto agli altri ad asciugarci. Coi capelli bagnati, altri con la pelle d'oca. Ci stavamo affumicando per bene a quell'ora del mattino. La stanchezza faceva ingresso tra gli ospiti e alcuni abbandonano, altri vegliano ancora ed io, infreddolito, voglio andare in macchina. Aspetter� l� dentro.

La mia decisione non scuote pi� d'un gesto da parte di Birgus, e Antonella decide che anche lei sarebbe venuta in macchina. Michele, nemmeno a dirlo, segue.

Il fal� muore cos�. Qualcuno � al telefono, qualcuno � andato via. Qualcuno � rimasto abbracciato attorno al fuoco e qualcun'altro in macchina ad ascoltare la radio, con un compagnia muta sulla destra ed una russante nel sedile posteriore.

Dormire non era una possibilit� a quel punto. Dormire era quello che stavamo gi� facendo da un quarto d'ora buono.


..:: Adios ::..

Doveva certamente finire. E fin�, come finiscono le favole pei bambini. Qualcuno parte, altri restano. E tutti vissero felici e contenti.

Quando si saluta alla fine di una vacanza gli addi sono enunciati come arrivederci e gli arrivederci sono sorrisi come se fossero dei ciao, a pi� tardi. Gli abbracci, le strette di mano. Promesse di scambio di foto. Fortuna nostra ci siamo risparmiati lo scambio di telefoni ed indirizzi.

Io ed Antonella avremmo preso la Nave a mezzanotte, l'autobus alle otto di sera da Sassari. E Birgus che non avrebbe mai rinunciato a prodigarsi in cortesia ci accompagna, con Michele al seguito, a Sassari fino alla porta della corriera.

Con l'atteggiamento della mamma che saluta il suo figliulo in partenza per la gita scolastica, Birgus saluta fino al compimento del terzo scalino della corriera e Michele che nella vacanza aveva mantenuto una Serenissima dignit� riesce a dire la pi� grossa cazzata della settimana. E Antonella, che di cazzate ne deve aver sentite da tutti e per tutto il tempo della vacanza, ride, poi sorride con cortesia lanciando sguardi a me e a Birgus.

Si torna a casa.
Io torno a Roma. Antonella a Napoli.

Nella confusione mentale del mattino, alla stazione Termini, ci salutiamo con la pi� sciocca delle formule. Ci sentiamo.

Il treno parte. Ciao, mitica, ciao, ciao....

...ma vaffanculo ha fatto eco tre settimane pi� tardi. E bisognerebbe capire il perch�.

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