Mhttk' blog

lunedì, maggio 12, 2003

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* 1 maggio 2003
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* Omicidio scampato
* Lacune colmate
* Un'isola per tornare
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Il primo maggio i lavoratori fanno festa.
Non capisco molto bene quale grande beneficio traggano nell'andare in gran mucchio a San Giovanni a sentire sempre le solite canzoni con sempre la solita retorica ma, contenti loro, contenti tutti.
Tra l'altro a vedere ogni anno le immagini in televisione, se quella � la festa dei lavoratori, ebbene, la disoccupazione giovanile deve essere in forte calo oppure, ma sembra surreale, molti si fanno assumere il 30 aprile per partecipare, di diritto, al concerto del primo maggio.

Io, che del lavoro non ne so proprio nulla, mi sveglio, come al solito, in un frastuono di pensieri che tornano verso casa alla fine di un sognare intenso e mistico.

Ero alle prese con alcuni schizzi che avevo deciso di inserire nel mio monumentale compendio teorico chiamato tesi, che il telefonino trilla con l'intensit� dolce delle novit�.

Drinn. Federica. Il display mi toglie la sorpresa.
Il tempo di incasinarmi col telefonino che lo spengo.
Ancora tuonano i fili non pi� eterei della linea domestica.

Telefonata lampo, o quasi. E, cazzo, cadeva a fagiolo.

Perfetto.

Federica � nota in quel di Roma per tenere sempre un sacchetto di caff� da mezzo chilo tra il piede destro ed il pedale dell'acceleratore perci� mi sbrigo nel rimettere la mia persona ad un aspetto terreno.

Arriva allo scoccar del tredicesimo minuto primo e ventitreesimo minuto secondo.
Poco tempo concessomi, aveva la macchina della madre. Mercedes Classe A. Che, a mia opinione modesta, Federica deve rilevare come A di Astronave.

Sbrigati i convenevoli del buongiorno l'automobile gi� riparte.

Smettiamola da subito di vedere una scampagnata come un banale spostamento da un punto A ad un punto B. La nostra situazione era molto pi� delicata.

La telefonata di Federica non � stata determinata dall'irrefrenabile istinto a sentire una persona brillante e di acuta compagnia (e tra l'altro non potrebbe comunque essere cos� visto che entrambe le qualit� le ho barattate tempo fa con un demone che mi ha garantito lo scambio di queste con una manciata di tempo in pi� per le mie ricerche. Io non ho avuto il tempo ma il demone non ha avuto qualit� in me latenti).

Federica mi chiama perch�, pare cos�, il suo boyfriend, all'approssimarsi dell'appuntamento che di lei ne aveva promessa, tanta � stata l'emozione, che ha avuto un irrimediabilmente inprocastinabile attacco di nausea.
Certo che Federica a volte pu� essere noiosa, pu� non essere sempre in ottima forma, ha il viziaccio di far vedere le cicatrici (solo a me che m'impressiono), ma, insomma, di qui a far vomitare, beh, ce ne vuole...
Ok, ok, ironia a parte la situazione era che Federica ha avuto la sua santa e puntuale buca ed io ero l'omino che era stato scelto per colmarla.

Lei non lo ammette, ma � cosi. Punto. Anche perch� sto in buona relazione con il narratore di questa storia e quindi siamo d'accordo: � cos�.

Perci� il mezzo chilo di caff� sotto il pedale aveva un onere aggiuntivo di almeno altri tre chili di stricnina. E l'umore di Federica poteva essere instabile e irritabile.
Io ero la cosiddetta felicit� a basso costo. Stavo pi� irritabile di lei e senz'altro cento volte pi� instabile. Quindi, con me accanto, la parte in salute della truppa era lei e poteva sentirsi, a titolo pieno, molto, ma molto meglio di qualcun'altro in quella macchina.

Sarebbe stato lecito chiedersi quale potesse essere una giusta direzione da prendere ma il buon senso, come spiegato, non aveva pagato. Niente biglietto, niente corsa. Lasciato a casa. Non senso, in generale.

Quattro autostrade da scegliere, consolari per tutti gli angoli del mondo, andiamo verso il nord, direzione Firenze, autostrada A1.

Le mete tra Roma e Firenze sono infinite.
Alla fine prevale l'Umbria. Sull'autostrada una fila esasperata di inesasperabili autoidioti si stava accalcando allo svincolo per la superstrada verso Spoleto, l'Umbria, perci�, perde subito le sue chanches di vederci ospiti per quella giornata.

Decliniamo l'invito dell'omino arancione dell'autostrada a prendere l'uscita e ci inoltriamo per l'uscita successiva. Non mi ricordo nemmeno come si chiamava ma, pagato il casellante e abbandonata la strada dalle indicazioni verdi ci troviamo al bivio tra una mezza dozzina di possibili direzioni.

Andammo da quella parte.
S�, s�. Quella parte. E' il mistero della lingua italiana. Ma serve in casi come questi.
Andammo a caso.

Passiamo diversi cartelli, un ponte e la curva in discesa che ci portava alla strada di campagna a ridosso dell'autostrada.

I persuasi della gita a tutti i costi erano spariti e la vista si aggradava nella sinistra scrutando i radi casali tra la campagna verde dai pochi sparuti alberi.

C'era, e questo a Federica l'ho mostrato, una matita che stava disegnando la strada sotto le ruote e che si deliziava nel mettere curve ogni tanto, cartelli e segnali, case e fili d'erba mano mano che ci avvicinavamo verso l'ora del pranzo.
La strada insomma era maestra nel proporre le mete e a noi solo il piacere di sceglierne, semmai ne avessimo avuto voglia, una tra tante.

Bestie, come tutte quelle sul pianeta, anche noi abbiamo una fisiologia da rispettare e l'ora del pranzo si svelava quale soluzione ai mali che ci affliggevano.

Io stavo scappando pi� lontano possibile dal monitor del computer e Federica il pi� lontano possibile dal televisore in veste di premio di consolazione per una vomitevole e inopportuna situazione.

Federica potrebbe sviluppare una certa professionalit� nel collaudo in regime estremo di autovetture. A lei piace vedere la strada scorrere rapida sotto la sua automobile, le piace l'idea di dominare la lancetta del tachimetro con un rapido muover di piedi, l'aggrada oltre modo la possibilit� di non fermarsi mai.

Le basta poco, Federica stava gi� divertendosi con quel poco e se fossimo stati in direzione di Oslo la sola idea l'avrebbe portata in uno stato di estasi ultraterrena, tanta sarebbe stata la possibilit� di guidare.

La radio non aveva piet� delle mie orecchie proponendo tutti i successi della musica leggera italiana degli ultimi venti giorni. Cos� senza dire nulla di divertende o interessante io, mentre federica guidava, ho parlato a caso per tutto il tempo.

Io parlo a caso. Non so se � in questo periodo soltanto o se l'ho sempre fatto e solo ora me ne accorgo. Povera Federica! E povero me. Passeranno almeno sei mesi prima che mi riinviter� da qualche parte anche se dovesse prendere un'altra buca nel frattempo.

I secondi si avvicendavano nei sessanta turni ripetutamente minuto dopo minuto ed arriva finalmente il segnale per svoltare.

Non saprei indicare su una cartina dove fossimo ma sicuramente sapevo dove stavamo andando, Federica aveva riposto una certa fiducia nelle mie indicazioni ma lei ignorava posizione e meta. Abbandoniamo la campagna e comincia l'ascesa tra i colli del viterbese. Basalto o tufo che fosse, il paesaggio cambiava. Passiamo qualche frazione, attraversiamo gruppi di casolari e, finalmente, la meta.

E' ozioso dilungarsi sul dove fossimo giunti. Perch�, ma dovreste essere nelle menti nostre, quello era solo il futto di un caso.

Finiamo a pranzo in una squallida trattoria di rincoglioniti che nella guida Michelin � indicata nella sezione "In caso di disperazione" e consumiamo un lento, anonimo ma abbondante pasto.

Ancora riprendiamo la via e scendiamo per trattare la resa della digestione verso il lago. Il primo approccio � disastroso. Una immisurabile quantit� di passeggianti occupava il lungolago e la vista. Una accalcata civilt� di festeggianti mostrava se stessa nella tenuta pi� aggradante che avesse trovato, maglietta millepizzi e i zoccolacci in sughero per le neoammogliate, camice in pitone sintetico per i nerboruti sbarbati in cerca di carne di femmina, cuori fucsia su magliette strizzatoraci delle illibate fanciulle truccate in multicolor. Quelli che non avevano trovato nulla di consono erano senza maglietta a mostrar corpi sculturei degni del Botero.

Torniamo sulla nostra strada a cercar qualcosa di meno impegnativo, finalmente troviamo un po' di misurata normalit� e ci sediamo per attendere, forse tutti e due con la mente altrove, che il sole trasformasse il castello sul monte dello stesso rosso che cominciava a riflettersi sulle acque del calmo lago.

Di fronte a noi una piccola isola, forse � il momento di muoversi. Il vento si stava raffreddando e abbandoniamo la panchina. Si torna a casa.

Se non altro oggi ho imparato una cosa importante.
Regaler� un carnet di buoni benzina a Federica ed una confezione di Enterogermina al ragazzo, cavandomela con poco per veder qualcuno felice.

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